Si apre una mattina di maggio,
il chiaro solare deste la natura:
ecco ci penetra il primo raggio,
colma di lume la verde radura.
Resta la pace in vicino cerchio,
ed un ruscello per ci solo versa;
noi siamo sotto il pino vecchio,
ed un uccello vola in aria tersa.
La levata ci scontra sul terreno;
sta con me la ragazza amante:
a notte ci trovammo al sereno,
sotto la falce di selene calante…
Si spense da tempo la fiamma,
ed il giorno comincia a rilente:
un pastore da lontano chiama,
ne spezzando la mane silente.
Qui la voce paesana trova l′eco,
e sul prato uno stallone si vede:
al margine boschivo lui ci recò,
però di vista fra poco si perde…
Dalla città noi costì evademmo,
di corsa vincemmo i gendarmi:
una banca noi colà invademmo,
la razzia faccemmo con le armi.
Cerca la polizia un gran pezzo,
pure non scova le nostre orme:
ci nasconde un arcano mezzo;
sono lontane le urbane torme…
La via di paltoni così tenimmo,
casa costante non si deve mica;
ed ora a caccia fuori venimmo,
per la foresta vado con l′amica…
Di nuovo siamo contra i venti,
come un paio insieme vivente;
con onore passiamo gli stenti,
non abbiamo paura da niente.
Una vita pesante noi ci tiriamo,
ma non vale ne tornare in città:
una storia di romanzo viviamo,
in dove cresce la nostra felicità…